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L’importanza dei primi colloqui nella terapia di coppia

L’importanza dei primi colloqui nella terapia di coppia


L’attenzione-ascolto del terapeuta durante i primi colloqui conoscitivi con un paziente e’ sempre cruciale per l’avvio di un percorso, tuttavia, quando si tratta della richiesta di una coppia “in emergenza” c’e’ un fattore determinante da gestire: il “fattore tempo” relativamente alla necessita’ di mettere a fuoco il senso: di COSA MI STANNO CHIEDENDO.

Nella mia esperienza, la richiesta di  aiuto, la scelta di intraprendere un percorso di terapia di coppia, mi e’ arrivata, piu’ frequentemente da coppie “in emergenza”, nelle circostanze cioe’ di quando uno dei due ha manifestato l’intenzione di porre fine alla relazione.

Piu’ frequentemente ma, ovviamente non in modo esclusivo.

Ci sono coppie che, per fortuna riescono a riconoscere quando criticita’ ed empasse   sembrano insuperabili alimentando incomprensioni rabbie e conflitto (soprattutto quando nel malessere sono inevitabilmente coinvolti anche i figli) e riescono a scegliere insieme di consultarmi.

Con l’esperienza dunque, mi sembra di poter affermare che, anche quando in una coppia, la continua mancanza di comunicazione, le frequenti liti ,le tensioni, le rabbie e la distanza emotiva, rendono evidente la difficolta’ dello  stare   insieme,   provocando malessere ed amarezza per le aspettative  disattese, non e’ comunque mai facile arrivare a pensare che si possa scegliere di separarsi.

La coppia infatti, continua ad essere   percepita come il  gruppo di supporto principale nella esperienza emotiva degli individui, rassicurando dalla paura della inermita’ nella solitudine.

Il riconoscimento del malessere viene cos¡ a lungo negato, sottovalutato, attribuito a fattori esterni di stress. 

La continua elusione della possibilita’ di   riconoscimento condiviso del malessere che potrebbe comportare l’avvio di un confronto all’interno della coppia o la richiesta unanime di aiuto determina frequentemente che   il precario equilibrio si rompa e che allora, sia   uno solo dei due   a dar   voce alla insostenibilita’  in  modo a volte  definitivo, estremo e irrevocabile, come se nulla possa piu’ essere detto o fatto.

Quando questo avviene, la  minaccia della rottura, per chi la subisce, appare repentina,  improvvisa e inaspettata,  e’come se il partner stesse esprimendo un sentire solo suo : un “amore” finito senza un perche’.

Come se venisse negato tutto il malessere “di entrambi” che ha preceduto questo momento.

Si rappresenta come una catastrofe, la rottura di un patto, una cancellazione, la fine di un progetto di vita, aspettativa di solitudine e vuoto.

E’ spesso in queste circostanze che viene chiesto-proposto al partner il tentativo di chiedere aiuto e di intraprendere una terapia di coppia.

Se  il partner acconsente allora la coppia arriva in terapia.

Quello che mi viene chiesto in questi casi e’ spesso l’ascolto di due racconti assolutamente difformi.

Nell’accoglienza e nell’ascolto diventa quindi fondamentale intercettare, al di la’ di quanto i partners raccontano, se sia possibile rintracciare, non ancora riconosciuta, forse la medesima richiesta:

essere aiutati nella ricomposizione del proprio progetto di vita, ovvero se, uno dei due, o entrambi, stiano chiedendo di essere aiutati ad accettare la fine.

Facilitare la “ammissione di messa a fuoco” 

Mi limito qui, a citare un autore e una persona di cui e da cui leggo molto perche’ mi sembra che sia uno di quelli che mi aiuta a “pensare: Felice Di Lernia, quando scrive:

…”per decidere se ammettere effettivamente a me stesso quella cosa, bisognava che prima la mettessi a fuoco per bene, altrimenti avrei ammesso a me stesso una cosa che non avevo bene a fuoco…….” le cose devono prima essere “ammesse a fuoco”