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In tutti i miei anni di lavoro, di ascolto e condivisione di storie mi sono resa conto che l’aspettativa e la richiesta del dolore dell’altro era di “poter essere riparato”.

Che le ferite inferte potessero guarire, scomparire le cicatrici.

Di ciascuna  ferita l’altro mi ha portato una  narrazione, il racconto della sua storia.

Cosa restituire di questo ascolto quando l’altro ci sta affidando i “pezzi” e l’impotenza e il dolore per tutto quello che sente rotto e   danneggiato ?

In questo ascolto  ho  tentato sempre di accogliere e custodire i pezzi che mi venivano via via  consegnati, e tutto il dolore e il rimpianto nella rievocazione di quello che era intero, di quando era intero, talvolta anche perché intero non era  mai riuscito a riconoscersi.

E’ stato così ,ascoltando e cercando, che mi sono imbattuta nel KINTSUGI e in cosa mi sembra significare…

Le ferite, le crepe, le rotture, le rughe…l’imperfezione che irrompe su una superfice levigata..  frammenti considerati senza futuro possono riprendere forma, una nuova forma, nulla è rotto definitivamente.

“C’E’ UNA CREPA IN OGNI COSA E DA LI’ ENTRA LA LUCE”

Leonard Cohen. “ANTHEM”

https://www.youtube.com/watch?v=6wRYjtvIYK0

Si restaura ciò che è unico e non può essere sostituito.

Si restaura ciò che ha una storia, ciò che è consumato dal tempo e che è segnato dal passato.

Al restauratore è richiesto un profondo rispetto dell’esistente e un’attenzione completa e minuziosa.

***Suggerisco la lettura di questo articolo, dal quale ho evidentemente attinto :

 Don Filippo Morlacchi Sacerdote fidei donum Gerusalemme

   (Restaurare le anime)

L’ho letto con una curiosità ed una attenzione “assolutamente laica” ma, rintracciando, riconoscendo nel racconto dell’esperienza di Don Filippo Morlacchi una sorta di possibile analogia nell’immaginare un “percorso di  cura,  il rispettoso accompagnare, custodire nel tempo e, con il tempo necessario per l’altro” .